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Glutine e dintorni

La discussione sul glutine e sui cereali è da sempre causa di confusione tra i consumatori, per via
di informazioni spesso parziali e scorrette che circolano su riviste ed internet e a causa di alcuni libri di dietetica diventati molto popolari ma non molto fondati dal punto di vista scientifico.
Senza vere prove scientifiche, alcuni professionisti della salute consigliano a tutti di evitare i cereali, sostenendo che sono responsabili della maggior parte dei nostri problemi di salute, il che non è vero.
Dall’altro lato ci sono medici convinti che non ci sia ragione per chiunque non sia celiaco di evitare i cibi contenenti glutine ed anche questo è un errore, poiché esistono evidenze cliniche di sintomi che migliorano rapidamente con l’astensione temporanea dal glutine.
Come nella maggioranza dei casi, l’equilibrio sta nel mezzo.

Partiamo dalla base, chiarendo cos’è l’oggetto della nostra discussione.
Il glutine è un complesso proteico che si trova nel grano e in altri cereali come orzo, segale, farro e kamut. L’avena teoricamente dovrebbe essere gluten-free, anche se spesso risulta contaminata.

Altro chiarimento necessario: esiste una notevole differenza tra celiachia ed intolleranza al glutine.
Nel primo caso siamo di fronte ad una intolleranza permanente al glutine favorita da una predisposizione genetica, con uno specifico quadro istologico della mucosa duodenale, che rende necessario seguire una dieta medica totalmente priva di glutine, al fine di evitare gravi infiammazioni intestinali che possono causare atrofia dei villi, alterazioni della permeabilità intestinale (con conseguenti carenze nutrizionali) e un aumento del rischio di diverse malattie, compreso il linfoma intestinale. La “dieta senza glutine” (GFD) costituisce, a tutt’oggi l’unica terapia utile al suo trattamento. E il Sistema Sanitario Nazionale del nostro paese garantisce ai celiaci con diagnosi certificata l’esenzione dal pagamento delle prestazioni di cura e la fornitura gratuita di prodotti sostitutivi dei derivati di cereali contenenti glutine, con tetti di spesa mensili definiti secondo i fabbisogni nutrizionali legati alla diverse fasce di età.
L’intolleranza al glutine è invece una condizione temporanea caratterizzata da sintomi collegati al consumo di glutine, che migliorano o si risolvono eliminando gli alimenti che lo contengono. I sintomi possono includere disturbi gastrointestinali (come flatulenza, gonfiore, crampi e diarrea), eruzioni cutanee, afte orali, mal di testa, difficoltà di concentrazione, stanchezza cronica ed altri problemi non attribuibili a malattie specifiche. Oggi si preferisce parlare di “sensibilità non celiaca al glutine” (NCGS), e studi con tests orali in doppio cieco indicano che si tratta di una vera e propria malattia.
Il glutine è stato anche identificato come alimento pro-infiammatorio nello sviluppo di alcuni disturbi autoimmuni e degenerativi e ridurlo si è rivelato utile in aiuto alle terapie farmacologiche per mitigare i sintomi di vari disturbi, come psoriasi, artrite reumatoide, tiroidite di Hashimoto, Rettocolite ulcerosa, ecc.
Ovviamente in tutti questi casi la dieta da praticare diventa una vera e propria terapia medica, dovrebbe essere personalizzata caso per caso ed improntata su un regime disintossicante ed alcalinizzante, con prevalenza di cibi vegetali e povera di grassi animali.
E’ importante però ricordare che queste indicazioni riguardano solo una percentuale minima della popolazione e non vanno applicate a casaccio in virtù di una potenziale prevenzione (si stima che siano circa 6 milioni gli italiani “celiaci per moda”, senza una reale necessità), dato che il glutine nella popolazione sana non crea particolari problemi, a condizione di un microbioma intestinale sano.

Veniamo quindi ad un altro punto centrale del problema, ormai documentato da vari studi: per una buona tolleranza al glutine occorre una flora batterica sana, garantita da un’alimentazione corretta e uno stile di vita salubre. Quando il microbioma intestinale viene alterato da un’alimentazione troppo ricca di zuccheri o proteine, uso prolungato di alcuni farmaci (antibiotici, cortisonici, immunosoppressori, ecc.), distonie da stress, stipsi, ecc. si creano le condizioni ideali per favorire la predominanza di germi patogeni e situazioni infiammatorie locali e a distanza.

Intorno al glutine sono stati creati molti falsi miti.
Il primo mito da sfatare è che il glutine faccia ingrassare, il secondo è che gli alimenti senza glutine siano più sani.
È stato dimostrato che nei celiaci, come per qualsiasi tipo di regime alimentare restrittivo, a lungo andare si possono riscontrare carenze nutrizionali, soprattutto a carico di vitamine B e D, ferro, acido folico, calcio, fosforo, rame, zinco, magnesio e fibra, spesso presenti in quota maggiore negli alimenti esclusi. Non a caso, oggi l’attenzione delle associazioni che si occupano di questa malattia sono sempre più pressanti nella richiesta di prodotti alimentari senza glutine trattati con tecnologie in grado di fortificare gli alimenti ed assicurare qualità nutrizionale almeno sovrapponibile ai corrispondenti prodotti del commercio con glutine.
Ma un’alimentazione senza glutine può causare anche alterazioni in eccesso. Infatti, spesso i celiaci, soprattutto se non praticano sport, fanno fatica a non essere in sovrappeso, perché l’astensione dal glutine aumenta la capacità di assorbimento dei nutrienti. Inoltre, una corretta dieta senza glutine si basa su alimenti naturalmente privi di glutine, cioè prodotti non trasformati (carne, pesce, uova, legumi, alcuni tipi di formaggio, legumi, tuberi, frutta e ortaggi, cereali senza glutine come riso e mais e pseudo cereali come Quinoa o Amaranto), ma anche su alimenti trasformati o lavorati che vantino in etichetta la dicitura “senza glutine” e spesso questo tipo di alimenti industriali sono ricchi di grassi, zuccheri semplici ed eccipienti non proprio salutari.
Quindi è opportuno dissuadere sempre i “celiaci per moda” da ogni auto-prescrizione di dieta aglutinata basata solo su una decisione personale e consigliare invece ai celiaci di affidarsi ad un nutrizionista esperto e sottoporsi a regolari controlli ematici e medici almeno 1 volta all’anno, per prevenire o curare carenze nutrizionali. Secondo il NIH (Nutritional Istitutes of Healt) il trattamento ideale per la celiachia si avvale di sei punti chiave:
1) Controllo con un nutrizionista esperto
2) Educazione sulla malattia
3) Lifelong dieta senza glutine
4) Identificazione dei deficit nutrizionali
5)Accesso a un gruppo di sostegno tra pari (in Italia l’AIC: Associazione Nazionale Celiachia)
6)Continui follow-up del team medico multidisciplinare

Per approfondire
1. Cash BD, Rubenstein JH, Young PE, et al. “The prevalence of celiac disease among patients with nonconstipated irritable bowel syndrome is similar to controls.” Gastroenterology.2011;141:1187-1193.
2. Wahnschaffe U, Schulzke JD, Zeitz M, Ullrich R. “Predictors of clinical response to gluten-free diet in patients diagnosed with diarrhea-predominant irritable bowel syndrome.” Clin Gastroenterol Hepatol. 2007;5:844-850.
3. Sabatino A, Volta U, Salvatore C et al. “Small Amounts of Gluten in Subjects With Suspected Nonceliac Gluten Sensitivity: A Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled, Cross-Over Trial.” Clin Gastroent and Hepatol September 2015;13(9)
4. Ministero della Salute italiano, Relazione annuale al Parlamento sulla Celiachia
5. G.U. Serie Generale, n. 65 del 18 marzo 2017: definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA)

Dott.ssa Elena Fiorentini , medico chirurgo
specializzata in dermatologia e venereologia, 2 diplomi AIOT in Omotossicologia e discipline integrate e Floriterapia di Bach, diplomata SENB in nutrizione biologica

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